Allegri, colorati, tondi, quadrati, ovali. I coriandoli, insieme alle stelle filanti, sono il divertimento preferito dei bambini durante il Carnevale. Ma perché proprio questo nome che ricorda una pianta aromatica e medicinale? Pochi sanno che i semi del coriandolo, dal sapore meno intenso, venivano lanciati durante le feste addosso agli sposi come simbolo di fertilità o come scherzo durante il Carnevale.
Nei matrimoni i semi di coriandolo vennero sostituiti dal riso e dai confetti con le mandorle. E per Carnevale non vennero più lanciati i semi, ma pezzetti di carta colorati, per scherzo. A tutt’oggi non si sa chi sia stato il vero inventore dei coriandoli. La tesi più accreditata è che il padre dei coriandoli sia stato il triestino Ettore Fenderl, residente sotto l’Austria-Ungheria.
Ormai novantenne, durante un’intervista radiofonica negli anni Cinquanta, Fenderl rivelava di aver inventato i coriandoli nel corso del carnevale del 1876. “Avevo 14 anni – raccontò Fenderl – ero molto precoce, di carnevale volevo fare il “bulo” colle ragazzine; ma non avevo denaro per comperare i confetti di gesso allora in uso. E così mi venne l’idea di prendere carte colorate, farne strisce e tagliarle colla forbice a triangoli. Mise questi in uno “scartozzo”, andai sul pergolo del mio sarto al corso di Trieste e li gettai giù sulla folla”. Lo spezzone appena citato proviene dall’opera Storie di piccoli e grani miracoli del 1860.
Un anno prima della rivendicazione dell’invenzione dei coriandoli da parte di Fenderl fu l’ingegnere milanese Enrico Mangili a dichiarare di essere stato lui l’autore dell’invenzione tutt’ora in voga. Mangili aveva raccontato di aver avuto un’intuizione. Essendo il proprietario di una filande ria dove si produceva filo da seta, osservava che per l’allevamento dei bachi venivano utilizzate lettiere composte da fogli di carta traforati. Queste lettiere, della forma di dischetti di scarto, erano perfette come coriandoli, una volta colorati. Mangili ebbe l’idea di riciclarli per l’associazione benefica cui lavorava, la “Famiglia artistica” milanese che era a sua volta responsabile del carnevale dei fanciulli. Il primo anno la fabbrica di Mangili li avrebbe forniti gratuitamente e poi iniziò a produrli in serie.
Al di là della controversa paternità dei colorati coriandoli, i triestini non vogliono credere alla tesi di Mangili, ma piuttosto ogni volta che passano sotto la casa da cui Fenderl dichiarò di aver lanciato quei pezzettini di carta, pensano che i coriandoli sono nati a Trieste. Se la produzione in serie di Mangili sarebbe molto plausibile, sicuramente la storia raccontata da Fenderl nel 1956 è sicuramente più romantica.