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Il primo telegrafo d’Italia

Itinerario:

Scritto il da Maria Chiara Ferraù

Oggi le notizie corrono sulla rete internet ad una velocità un tempo impensabile. In tempo reale si seguono dirette televisive, schede telefoniche e altro ancora. Un tempo però l’unica maniera di comunicare con qualcun altro a grandi distanze era montare a cavallo e sperare che la bestia arrivasse a destinazione o mandare i piccioni viaggiatori. Poi arrivò il telegrafo.

Tutto nacque dall’invenzione del telegrafo a due aghi di Henley che si avvalse degli studi di Oersted e di Ampère sugli aghi che si muovevano sotto l’influsso della corrente elettrica. Fu proprio questo sistema che gli austriaci ritrovarono già approntato quando giunsero nel regno delle due Sicilie grazie al lavoro della lega telegrafico austro-germanica del 1852. Si modificò solo il codice utilizzato per la lettura dei messaggi.

Un sorprendente passo avanti da parte del Meridione da sempre ritenuto meno ricco, grazie alla lungimiranza di Ferdinando di Borbone che non appena venne a sapere degli studi di Morse intravide le mille opportunità economiche e militari che il sistema avrebbe potuto offrire.

Fu così che Ferdinando diede mandato al corpo militare di strade e ponti di avviare una ricognizione approfondita sul territorio e di approntar eun’ipotesi realizzativa per la fitta rete di pali e fili di telegrafo che avrebbero collegato tute le maggiori città delle province del regno dotate di ufficio postale e stazioni ferroviarie. Ma le difficoltà fra monti, valli, fiumi, colline e mari sembravano difficilissime da sormontare.

Nel luglio del 1952 Ferdinando era a Gaeta per la cerimonia di inaugurazione del telegrafo elettrico. In quell’occasione arrivarono messaggi telegrafati dalle altre stazioni attive del regno. La linea tra Caserta e Capua era dotata di una prima linea di telegrafo elettrico, inaugurata il 31 luglio del 1852. Ciò non fece altro che ampliare le possibilità di comunicazione della Campania.

Ma la storia non si ferma qui. Intorno al 1960 vennero qui realizzati grazie al real opificio di Pietrarsa dei cavi adatti a replicare il segnale elettrico del telegrafo anche ad altissime profondità marine. Una situazione che lasciò a bocca aperta l’intera Europa.

Il regno delle due Sicilie, a differenza degli altri Stati italiani, mantenne un personale rigorosamente autoctono, altamente qualificato per la gestione e la creazione dei propri impianti telegrafici. In anticipo sui tempi, il regno borbonico aveva pesino risolto la certificazione dell’identità del mittente obbligando chi inviava messaggi telegrafici a certificare la propria identità.

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