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La leggenda di Romolo e Remo

Itinerario:

Scritto il da Maria Chiara Ferraù

La fondazione di Roma, caput mundi, la città eterna da cui tutte le strade partono e arrivano, è immersa nella leggenda. Secondo il mito la città sarebbe stata fondata da Romolo, discendente dalla stirpe reale di Alba Longa che discendeva da Ascanio, figlio di Creusa e di Enea, eroe troiano giunto nel Lazio dopo la caduta di Troia, nato dall’amore di Rea Silvia e il dio Marte.

Secondo i racconti Enea, figlio della dea Venere, fugge da Troia, presa dagli Achei, con il padre Anchise e il figlioletto Ascanio. Il viaggio è lungo e periglioso e per volere di Giunone, adirata con lui, è costretto ad approdare a Cartagine dove Didone si innamora e rimane qui per un anno a regnare al suo fianco. Per ordine del Fato e di Giove, Enea è costretto a ripartire prendendo la via dell’antico Lazio e la disperazione porta Didone al suicidio. Enea poi approda nel Lazio nel territorio di Laurento dove viene accolto da Latino, re degli Aborigeni. Si narra poi che Enea, conosciuta la figlia del re, Lavinia, se ne innamora ricambiato e il re si torva ad assecondare i desideri della giovane figlia e a permetterle di sposare l’eroe giunto da Troia, pur sapendo che prima o poi avrebbe dovuto affrontare Turno che non aveva accettato che lo straniero venuto da lontano gli fosse preferito. Una volta sposati Enea decise di fondare la città di Lavinio (l’odierna Pratica di Mare) in onore della moglie.

Trent’anni dopo la fondazione di Lavinio, il figlio di Enea, Ascanio, fonda la città di Alba Longa sulla quale regneranno i suoi discendenti per numerose generazioni come raccontato da Tito Livio.  Tempo dopo il figlio e legittimo erede del re Proca di Alba Longa, Numitore, viene spodestato dal fratello Amulio che costringe la nipote Rea Silvia, figlia di Numitore, a diventare vestale e a fare voto di castità. Ma il dio Marte si innamora di lei e la rende madre di due gemelli: Romolo e Remo.

La nascita dei gemelli non viene ben vista dal re Amulio che ne ordina l’assassinio per annegamento. Il servo incaricato di uccidere i gemelli non trova il coraggio e abbandona Romolo e Remo sulla riva del fiume Tevere. La cesta si arena nella palude del Velabro, tra Palatino e Campidoglio, in quello che diventerà poi il foro romano, sotto il fico romulare, nei pressi di una grotta detta Lupercale.

I due gemelli vengono allevati e allattati da una lupa che aveva perso i cuccioli ed era stata attirata dal pianto dei gemelli. La lupa, sebbene viene rappresentata come un animale, poteva essere al tempo una prostituta perché le prostitute erano chiamate anche lupae. A proteggerli ance un picchio, animale sacro, come la lupa, al dio Marte.

Una volta adulti, Romolo e Remo ritornano ad Alba Longa senza potervi regnare finché è in vita il nonno materno e ottengono il permesso di fondare una nuova città dove erano cresciuti. “Decisero dunque di vivere per conto loro, fondando una città nei luoghi in cui erano cresciuti – scrive Plutarco – Questa risulta la spiegazione più plausibile, ma nello stesso tempo la fondazione diventava una necessità poiché molti servi e molti ribelli si erano raccolti attorno ad essi”.

Ma chi avrebbe dato il nome alla città che avrebbero fondato? Dovevano essere gli aruspici ad interpretare i segni augurali. Romolo scelse il Palatino e il fratello l’Aventino. Il primo presagio (sei avvoltoi) toccò a Remo, ma il fratello ne vide 12 quando il presagio era stato annunciato. I rispettivi gruppi avevano proclamato re entrambi. Dalle parole si passa presto ai fatti e nasce una discussione. “Remo, colpito nella mischia, cadde a terra – scrive Tito Livio – E’ più nota la versione secondo la quale Remo, per prendere in giro il fratello, avrebbe scavalcato le mura appena erette (il solco sacro) e quindi Romolo, al colmo dell’ira, l’avrebbe ucciso aggiungendo queste parole di sfida: così, d’ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura”. Così Romolo si impossessò del potere e la città prese il nome del suo fondatore”.

Simili le versioni di Plutarco in cui manca solo l’avvistamento di avvoltoi da parte di Romolo e anche Ennio riporta la versione degli auspici tratti dal volo degli uccelli. La città, di forma quadrata, viene fondata sul Palatino, 22 anni dopo che fu celebrata la prima e Romolo divenne il primo re di Roma.

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